School of Management sull’efficientamento energetico

Efficientamento energetico: l’aumento del prezzo dell’energia spinge l’efficientamento, ma l’Italia avanza tre volte più lentamente della media europea.

School of Management

I costi energetici lievitati fino a 10 volte rispetto al periodo pre-Covid hanno dato un nuovo impulso, nel 2022, all’adozione di soluzioni di efficientamento energetico. A confronto con il 2021, già in crescita sul 2020, si registra un +19% di investimenti in ambito civile (saliti a 10,6 miliardi di euro, di cui però solo un quarto in soluzioni di building automation) grazie in particolare alle caldaie a condensazione e al fotovoltaico, le cui installazioni sono state favorite dai vari bonus edilizi e che vanno nella virtuosa direzione di produrre energia pulita, ma non di razionalizzarla.

Nell’industria l’aumento è di quasi il 14% (2,2 miliardi di euro investiti in totale), in linea con il triennio 2016-2019, anche in questo caso per impianti di cogenerazione e fotovoltaico e una quota più modesta, ma in crescita (+22,3%), per soluzioni digitali come sistemi di sensoristica e piattaforme di gestione dei dati, indispensabili per monitorare e ridurre i consumi. È in questa direzione che si deve andare, lavorando anche molto sulla formazione, vero fattore abilitante: oggi sono poche le realtà, soprattutto fra le PMI, che dispongono delle competenze necessarie non solo per internalizzare l’adozione di tali soluzioni, ma anche per comprenderne appieno i vantaggi.

Sono alcuni dei dati contenuti nell’Energy Efficiency Report 2023 redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e presentato in un convegno a cui hanno preso parte le numerose aziende partner della ricerca. L’Italia, anche grazie al clima mite (ma scontando il quadro normativo meno efficace), si caratterizza per un buon livello globale di efficientamento energetico, al 14° posto tra i 27 Paesi appartenenti alla UE (progetto Odysee Mure) e con un valore medio in termini di Energy Intensity Index (rapporto consumi/PIL) inferiore di circa l’11% a quello europeo nel 2021; eppure, considerando il periodo 2013-2021, il miglioramento è tre volte più lento, tanto da “farci raggiungere” da Germania, Spagna e Francia.

Il medesimo aumento dei costi energetici a cui si deve la ripresa degli investimenti, infatti, ha limitato la capacità di spesa di imprese e famiglie, che hanno preferito orientarsi verso tecnologie di produzione di energia da fonte rinnovabile – a partire dai pannelli fotovoltaici, il cui ritorno sull’investimento è più immediato e che vengono visti come “sostituitivi” di interventi di efficientamento (ma l’industria è intervenuta pesantemente anche nel processo produttivo, introducendo la cogenerazione e il recupero dei cascami termici) – rispetto a soluzioni digitali e intelligenti che rappresentano la vera chiave di volta per monitorare i consumi e ridurli, con il risultato che in questa direzione l’Italia sta procedendo a un ritmo di 3 volte inferiore alla media europea.

Federico Frattini, vicedirettore dell’Energy&Strategy di School of Management Politecnico di Milano
È di certo necessaria un’accelerazione sia per centrare gli attuali obiettivi di riduzione dei consumi al 2030 contenuti nel PNIEC, tra l’altro in adeguamento, sia per rientrare nei target di efficientamento più ambiziosi che l’Unione Europea si sta dando, focalizzati soprattutto sul miglioramento delle prestazioni energetiche e sulla decarbonizzazione in ambito edilizio al 2050: si tratta di obiettivi uniformi a livello comunitario che potrebbero rappresentare una criticità per l’Italia se non adeguatamente sostenuti da politiche chiare e stabili, in linea con le specificità del patrimonio immobiliare nazionale”. Non va dimenticato infatti che il 65% dei consumi da immobili in Italia riguarda gli edifici a uso abitativo o per uffici, in media piuttosto vecchi e privi di adeguate infrastrutture digitali.

La decarbonizzazione dell’edilizia deve passare attraverso un approccio multi-tecnologico fatto di elettrificazione, efficienza, fonti energetiche green e gestione intelligente dell’energia. Pompe di calore e sistemi BEMS (Building Energy Management Systems) rappresentano elementi fondamentali in questa transizione. Non si può prescindere dalla componente digitale, da soluzioni smart in grado di offrire, tramite l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale e machine learning, diagnosi, analisi dei dati e predizioni che non solo ottimizzino l’uso dell’energia, ma contribuiscano al benessere degli occupanti. Sia negli gli edifici civili che in quelli industriali: secondo un’indagine che abbiamo condotto, infatti, nei prossimi 5 anni questo tipo di soluzioni passerà dall’attuale 11% al 27% del totale degli investimenti delle imprese, e in ambito residenziale dall’8% al 16%. Per favorire questa trasformazione vanno mantenuti gli incentivi, che però devono essere in qualche caso corretti, razionalizzati (ce ne sono troppi e in conflitto) e resi stabili, come si auspicano gli operatori del settore”. Il venire meno del credito d’imposta, però, avrà certamente un impatto negativo.

I trend di investimento di famiglie e imprese: rinnovabili prima scelta anche nei prossimi 5 anni

Sebbene la maggior parte delle famiglie sia sensibile al tema della riduzione dei consumi, secondo una survey condotta da E&S su 2.500 cittadini solo il 38% di esse, negli ultimi 5 anni, ha installato soluzioni di efficienza energetica come caldaie a condensazione e illuminazione LED (scelti rispettivamente dal 40% e dal 54% di chi ha investito), pompe di calore o tecnologie per la produzione di energia da fonti rinnovabili, con una spesa media di circa 10.000 euro. I principali ostacoli all’adozione di queste innovazioni tecnologiche sono da ricercare nella difficoltà di accesso al capitale e nelle lungaggini burocratiche.

La percentuale però è destinata a salire al 59% nei prossimi 5 anni, sempre stando al sondaggio, trainata principalmente dai benefici economici derivati dalla riduzione dei consumi. In particolare, gli impianti fotovoltaici verranno più che raddoppiati e i sistemi di accumulo e di solare termico più che triplicati, mentre calerà il tasso di adozione dei sistemi di illuminazione efficiente (-18%) e delle caldaie a condensazione (-17%): la bilancia infatti penderà sempre più verso le tecnologie rinnovabili, vissute da famiglie e imprese come un prodotto sostitutivo delle soluzioni di efficienza energetica.

Va poi segnalata l’importanza delle pompe di calore, che presentano una serie di vantaggi (elevata efficienza, semplicità, adattabilità) e che in prospettiva possono giocare un ruolo importante per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione nell’edilizia attraverso l’elettrificazione dei consumi energetici per la climatizzazione, in particolare nel settore residenziale.

Lo stesso trend si riscontra nel settore industriale dove, secondo gli energy manager delle 250 imprese manifatturiere intervistate da E&S, barriere economiche (tempi eccessivi di ritorno) e burocratiche (incertezza del quadro normativo) costituiscono i principali elementi che frenano gli investimenti, soprattutto nell’ambito delle soluzioni hardware. Nel 2022, in ambito industriale, la scena è stata dominata da interventi sul processo produttivo e sull’illuminazione efficiente (LED), che insieme hanno superato il 50% del totale, mentre nel 2023, anno che si prevede di forte crescita degli investimenti in efficienza energetica, l’84% delle aziende dichiara che installerà nei propri siti produttivi un impianto fotovoltaico. L’efficientamento del processo produttivo (scelto dal 56% dei rispondenti) e dei sistemi di illuminazione (31%) manterranno comunque una notevole importanza.

Si deve dunque andare verso un’offerta commerciale che integri tecnologie rinnovabili e di efficienza, in un’ottica di sostenibilità a 360 gradi: questa è la direzione presa dai player della filiera maggiormente strutturati quali utility ed ESCo, come emerge da un’ulteriore survey condotta su oltre 60 ESCo attive in Italia. Inoltre, sarà sempre più necessario per i clienti industriali e civili ridurre al minimo i rischi operativi e finanziari, in coerenza con il crescente interesse verso una pluralità di approcci e tipologie contrattuali “as a service”, o in base all’effettivo risparmio energetico conseguito, differenti dal tradizionale “chiavi in mano”.